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Come utilizzare correttamente i sali minerali KH+ nel laghetto

La presenza di una impermeabilizzazione artificiale di cemento o telo risulta essere una differenza strutturale importante tra un ambiente naturale e i nostri laghetti ornamentali.

 

Negli ambienti acquatici naturali, il fondale è costituito dalla sovrapposizione di substrati di argilla, sabbia, ghiaia e sassi di varie dimensioni che si sono accumulati secondo processi di sedimentazione regolati dalle correnti, dalla granulometria e dalla composizione minerale dei dei vari depositi.

Questa struttura bentonica rappresenta un substrato ideale per la colonizzazione dei “batteri buoni”, gli stessi che colonizzano i biocarriers dei nostri filtri.

Oltre a ciò, gli strati di sedimento funzionano come un enorme ed inesauribile magazzino di sali minerali che assicurano un continuo rifornimento di queste importanti sostanze alla colonna d’acqua sovrastante.

L’impermeabilizzazione artificiale, presente nei koi pond e nei laghetti ornamentali, non rende possibile questa serie di importanti interazioni tra il fondale e la colonna d’acqua, penalizzando in maniera diretta la stabilità chimico fisica dell’ecosistema.

I sali minerali, in particolare quelli della famiglia dei carbonati, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nel mantenere stabile il valore del pH dell’acqua, evitando pericolose oscillazioni di questo parametro.

Per loro natura, i sali carbonati sono utilizzati e quindi consumati, in tempo reale, da tantissimi organismi e micro organismi acquatici a partire dai batteri decompositori, per passare attraverso una moltitudine di forme di vita bentoniche, sia animali che vegetali, fino ad arrivare ai pesci stessi.

Questo significa che il valore di KH tende per sua natura a calare, anche a causa della diluizione causata dalle acque di origine meteorica (pioggia e neve) e quindi va mantenuto costantemente in un corretto intervallo di valori, altrimenti si avranno sbalzi di pH assolutamente deleteri per la salute dei pesci.

La somministrazione regolare di KH+ è il metodo più efficace per ripristinare rapidamente il valore di durezza carbonatica desiderato.

 

Ogni giorno, al tramonto, tutti vegetali acquatici, alghe “in primis”, sia filamentose che unicellulari, passano da un’attività fotosintetica diretta in cui utilizzano anidride carbonica e producono ossigeno, ad una fotosintesi inversa, durante la quale consumano ossigeno e producono anidride carbonica. 

Il consumo di ossigeno dei vegetali acquatici durante la fotosintesi inversa, si somma a quello dei pesci e dei batteri aerobi e il surplus di anidride carbonica che ne deriva, in caso di KH basso, può causare uno sbalzo di pH verso valori acidi in quanto, i pochi sali carbonati presenti non riescono ad esercitare un’adeguata azione tamponante.

Come già accennato, i batteri aerobi consumano ossigeno durante lo svolgimento della loro azione depurante e producono anidride carbonica.

Essi si trovano in grande quantità nei biocarriers del filtro, ma colonizzano anche ogni centimetro quadrato di superficie sommersa, ricoperta da un buon biofilm.

Semplificando: 

La produzione di anidride carbonica dei batteri depuranti è in relazione al carico organico metabolizzato e quest’ultimo è direttamente collegato alla quantità di cataboliti prodotti dai pesci che, a sua volta, è proporzionale alla quantità di cibo consumata.

L’anidride carbonica in acqua diventa acido carbonico che, come suggerisce il nome, acidifica l’acqua.

Se la concentrazione dei sali carbonati, il KH appunto, non dovesse essere sufficientemente elevata, avremo delle importanti oscillazioni del pH anche durante il giorno.

Nel tempo, una distribuzione omogenea di KH+ lungo tutto il perimetro del laghetto, favorisce la formazione di uno spesso biofilm, costituito da batteri depuranti, alghe e uno strato compatto di sali minerali che funzioneranno come un magazzino di carbonati, garantendo una maggiore stabilità del pH, proprio come avviene in natura.

 

Apriamo una parentesi sul discorso pH, poiché dalle domande che ricevo traspare una discreta confusione in materia.

Tra tutti i parametri chimici importanti per la vita dei nostri pesci, forse il più famoso e menzionato in tutti i forum e nelle “discussioni” sui social è proprio il pH.

Tuttavia credo che ben poche persone siano in grado di definirlo correttamente e di comprendere a pieno la reale necessità di testare questo parametro.

Per farla semplice, il pH è una scala di misura che indica l’acidità o la basicità per i fluidi, nel nostro caso l’acqua.

La scala di misurazione va da zero a quattordici e il valore di 7 è il cosi detto “pH neutro”.

Dal 7 verso il 14 abbiamo valori di basicità (o alcalinità) crescente, mentre dal 7 verso lo zero abbiamo valori di acidità crescente.

Sempre semplificando:

Da un punto di vista matematico, la scala di misurazione del pH non è lineare ma logaritmica, questo significa che lo sbalzo anche di un solo grado del suo valore è molto pericoloso, poiché equivale ad un “salto” di dieci volte e può comportare conseguenze veramente infelici per la salute dei pesci.

Queso “excursus” ci può aiutare a capire quanto poco senso possa avere effettuare il test del pH senza avere un’idea di cosa sia e che valore abbia il KH nel nostro laghetto.

Utilizzando una metafora, potremmo dire che testare il pH equivarrebbe a scattare una foto del nostro laghetto che lo rappresenti solo in quel preciso istante, mentre misurare il KH sarebbe come filmare il laghetto nel suo andamento dell’intera giornata.

In questo breve articolo abbiamo preso in esame la natura, il ruolo e la dinamica dei sali carbonati oltre alla stretta relazione che intercorre tra il valore di KH e quello del pH.

Naturalmente questi non sono gli unici due parametri di cui tenere conto nella valutazione dello stato di salute del nostro laghetto ma probabilmente, sono quelli dei quali più spesso se ne sottovaluta l’importanza.

 

Dott. Luca Ceredi

 

 

 

Come ossigenare l’acqua del laghetto

L’ossigeno disciolto è uno dei parametri fisico-chimici che più condiziona la vita negli ecosistemi acquatici, compresi i laghetti per koi.

Prima di occuparci dei differenti sistemi di ossigenazione del laghetto, è fondamentale comprendere bene il particolare comportamento dell’Ossigeno in acqua.

Trattandosi di un gas disciolto (e non di sali come nel caso dei Nitrati o dei Fosfati), la solubilità dell’ossigeno in acqua è regolata dalle leggi fisiche che riguardano la dinamica dei fluidi.

La legge di Boyle e quella di Henry, ma anche il principio di Pascal e la legge di Dalton sulle miscele di gas, chiamano in causa variabili come la temperatura e la pressione.

Anche il carico organico dell’acqua ha un’influenza importante sulla solubilità dell’ossigeno.

Ma andiamo con ordine, senza lasciarci impressionare dall’apparente complessità dell’argomento.

La dinamica dei fluidi tratta concetti e leggi che, se spiegate nella dovuta maniera, risultano alla portata di tutti.

 

L’aria che noi respiriamo è una miscela di gas costituita per il 78% da Azoto, che è un gas inerte.

L’anidride carbonica costituisce l’1% dell’intero volume, mentre l’ossigeno è presente per il 21%.

La legge di Dalton dice che:  “in una miscela di gas, come ad esempio l’aria atmosferica, la pressione totale è data dalla somma delle singole pressioni parziali dei gas che compongono la miscela”.

A livello del mare, la pressione dell’aria atmosferica è di una Atmosfera e questo valore è dato dalla somma della pressione parziale dell’Azoto, più la pressione parziale dell’Ossigeno, più quella dell’anidride carbonica.

Per semplificare al massimo l’argomento, faremo riferimento solo alla pressione parziale dell’Ossigeno, immaginandoci che l’aria atmosferica sia costituita unicamente da esso.

L’Ossigeno ha forma molecolare O2, cioè si dice che la molecola di questo gas è biatomica.

 

 

 

Per inciso, la molecola è la parte più piccola della materia che ne conserva tutte le caratteristiche fisico-chimiche.

Teniamo a mente queste precisazioni poiché torneranno utili per la comprensione di questo testo.

Adesso immaginiamo un stagno naturale, senza pompe, aeratori, cascate o altri sistemi di ossigenazione.

In che modo questo ecosistema può ossigenarsi?

Prendiamo come esempio una giornata di sole, senza vento e con una temperatura dell’aria di 20° C.

La legge di Henry dice che: “un gas (aria atmosferica) che preme sulla superficie di un liquido (acqua dello stagno) vi entra in soluzione finché non ha raggiunto all’interno del liquido la stessa pressione che vi esercita sopra”.

Quindi, il buon vecchio Henry ci dice che, già con la normale pressione di una atmosfera, l’ossigeno che preme sulla superficie dello stagno, entra in soluzione dentro l’acqua finché  non ha raggiunto all’interno del liquido la pressione di una atmosfera.

Questo processo di ossigenazione naturale avviene di continuo, notte e giorno, estate e inverno, col sole e con la pioggia,  su ogni centimetro quadrato di superficie dell’acqua.

Quando si progetta lo scavo di un laghetto, è importante prestare la dovuta attenzione al profilo batimetrico (cioè la sezione dei vari livelli di profondità) e al rapporto superficie/volume che ne consegue.

 

Nella figura qui sopra vediamo come il laghetto di sinistra abbia un profilo batimetrico con un rapporto superficie/volume più favorevole ai naturali scambi gassosi con l’atmosfera, rispetto al laghetto di destra dove questo rapporto è meno vantaggioso.

Anche il vento, la pressione atmosferica (bel tempo o brutto tempo), temperatura (estate o inverno), il carico organico (acqua pulita o inquinata), il consumo di ossigeno notturno da parte delle alghe e la pulizia della superficie aria/acqua tramite skimmer sono fattori che influenzano in maniera sostanziale gli effetti della legge di Henry.

Analizziamoli uno per uno.

Immaginiamo il solito stagno naturale, senza pompe, aeratori, cascate o altri sistemi di ossigenazione.

Il vento increspa la superficie dell’acqua, aumentando l’interfaccia aria/acqua in cui avviene lo scambio di ossigeno con l’atmosfera.

Se consideriamo la distanza AB come la superficie piatta di uno stagno (assenza di vento) e la distanza CD come la stessa superficie increspata dal vento, vediamo come la distanza CD risulti maggiore di AB.

Quindi il vento, increspando la superficie dell’acqua, aumenta l’area utile al naturale scambio di ossigeno con l’atmosfera.

Quando si sceglie il punto del giardino in cui effettuare lo scavo per il laghetto, è bene tenere conto dei venti prevalenti in quella determinata zona, così da orientarlo in maniera tale che il vento possa agire sul lato più lungo della superficie dell’acqua.

 Nella figura vediamo come i venti prevalenti, agendo sulla distanza A, possano increspare la superficie dell’acqua in maniera più efficace che se agissero sulla distanza B.

Sulla pressione atmosferica invece non possiamo intervenire in alcun modo ma occorre sapere che, durante il brutto tempo, la bassa pressione meteorologia esercita un’azione come di risucchio dell’ossigeno disciolto in acqua, facendo calare pericolosamente la sua concentrazione all’interno del laghetto.

Un corollario della legge di Boyle ci spiega come, anche le alte temperature estive riducano la concentrazione dell’ossigeno disciolto.

Senza entrare nel dettaglio, il buon vecchio Boyle ci insegna che la solubilità dell’ossigeno cala con l’aumento della temperatura.

Inoltre, d’estate le koi hanno molto appetito e il carico organico aumenta, facendo crescere il B.O.D. cioè la domanda biologica di ossigeno poiché i batteri decompositori ne richiedono moltissimo per poter compiere il loro lavoro.

Al termine di ogni giornata, quando il sole tramonta, tutti i vegetali acquatici, in particolare le alghe (presenti in qualunque laghetto) smettono di produrre ossigeno con la fotosintesi e iniziano a consumarlo, producendo anch’esse anidride carbonica (fotosintesi inversa).

Durante il periodo estivo, possono verificarsi situazioni critiche in cui, per una concomitanza di fattori, la concentrazione di ossigeno disciolto raggiunge valori pericolosamente bassi.

E’ il caso delle notti afose, in cui la situazione meteorologica peggiora rapidamente.

La bassa pressione, le alte temperature e la fotosintesi inversa dei vegetali acquatici si aggiungono al normale consumo di ossigeno da parte dei pesci e dei batteri depuranti.

In questa situazione, le carpe più grosse sono le prime a morire poiché hanno bisogno di più ossigeno rispetto agli esemplari di piccola taglia.

Anche la polvere, le foglie e ogni tipologia di detrito galleggiante sono da ostacolo agli scambi gassosi tra acqua e atmosfera e in mancanza di uno skimmer di superficie

Alla luce di queste premesse, vediamo come si può fare ad evitare disastri in un laghetto per koi.

L’evoluzione delle attrezzature filtranti ha portato allo sviluppo di apparecchiature particolarmente performanti, in grado di mantenere in perfette condizioni l’acqua del nostro laghetto.

Occorre prestare particolare attenzione alle tecniche di ossigenazione tenendo bene a mente che OGNI LAGHETTO, anche il più capiente, è SEMPRE in una condizione di sovrappopolazione, se paragonato ad un ambiente naturale di uguale volume.

Inoltre, l’impianto di ossigenazione (ma anche quello di filtraggio) dovrebbe essere tanto più performante e potente quanto più sono ridotte le dimensioni del laghetto.

La regola è: “laghetto piccolo, filtro enorme”.

Come ho dettagliatamente spiegato in uno dei miei precedenti articoli, per avere successo nell’allevamento  delle koi, è fondamentale riuscire a mantenere l’acqua in condizioni COSTANTEMENTE OTTIMALI.

Nel mio laghetto principale di circa 400mila litri, dove tengo tutti i riproduttori, l’impianto di filtraggio è costituito da un filtro a tamburo e un biologico a letto fluido, dove il movimento dei biocarriers (maccheroncini) è assicurato da due potenti aeratori a basso consumo.

biocarriers per filtro a letto fluido

Questi aeratori, oltre a muovere i biocarriers, arricchiscono l’acqua di ossigeno, con grandi vantaggi anche per i batteri depuranti aerobi.

La cascatella e i due ruscelli aiutano l’ossigenazione dell’acqua, mentre gli skimmer di superficie tengono costantemente pulita la superficie del laghetto raccogliendo ogni tipo di detrito galleggiante.

Anche l’ozonizzatore Blue Koi 3, posizionato all’inizio dell’impianto di filtraggio, oltre ad aumentare il potenziale redox dell’acqua, contribuisce in maniera  sostanziale all’ossigenazione del laghetto.

ozonizzatore Blue koi 3

La molecola di ozono “O3”, disciolta in acqua, si divide in un atomo di ossigeno attivo “O”che reagisce con la materia organica e in una molecola di ossigeno “O2” utilizzabile dagli organismi acquatici per la respirazione.

ozonizzatore Blue koi 3

Ho deciso di non mettere le pietre porose direttamente all’interno del mio lago, in quanto non amo vedere l’effetto innaturale delle bolle che salgono dal fondo.

All’interno delle camere del letto fluido, la resa dell’ossigenatore è maggiore rispetto ad un ipotetico diffusore posto sul fondo del laghetto poiché il flusso in controcorrente del filtro aumenta sensibilmente il tempo di contatto tra le bolle d’aria e la colonna d’acqua.

Un altro corollario della legge di Boyle mette in relazione diretta il tempo di contatto delle bolle d’aria con l’acqua che le circonda.

Un diffusore d’aria posto sul fondo del laghetto, libera delle bolle che compiono un percorso rettilineo, dal fondo alla superficie, in un tempo piuttosto breve, generalmente di pochi secondi.

Se invece, il medesimo diffusore d’aria fosse posto sul fondo di una camera di un filtro a letto fluido, le bolle incontrerebbero un flusso di acqua in senso contrario al loro tragitto verso la superficie.

Questo flusso in controcorrente, assieme alla presenza dei biocarriers in moto convettivo, trattiene sott’acqua le bolle per un tempo piuttosto lungo, aumentando il tempo di contatto tra i due fluidi (aria e acqua) e quindi la resa dell’ossigenatore.

diffusore d’aria microforato sul fondo di un filtro a letto fluido

In questo modo è anche possibile evitare lo sgradevole effetto delle bolle in vasca.

Invece, nelle mie vasche di allevamento, considerato il volume di soli 10 mila litri e l’elevato numero di koi presenti, ho preferito mantenere in vasca un paio di diffusori d’aria “di sicurezza” nel caso di blocco della pompa che comunque non si è mai verificato.

Naturalmente, anche nelle camere del biologico delle vasche di allevamento mantengo una consistente aerazione del materiale filtrante.

E’ intuitivo comprendere come i laghetti e le vasche di volume ridotto siano soggetti a notevoli escursioni termiche, potenzialmente pericolose per la vita dei pesci, soprattutto se si considera la temperatura che l’acqua può raggiungere durante il periodo estivo.

Eventualmente, per limitare i danni estetici delle bolle stile idromassaggio nel laghetto, consiglio sempre di posizionare le pietre porose dell’ossigenatore direttamente sotto la cascata (vedi figura qui sotto).

In questo modo otteniamo un vantaggio duplice:

  1. limitiamo il danno estetico e il disturbo visivo dovuto alle bolle. Nel punto dove c’è la cascata, l’acqua è già molto mossa quindi le bolle provenienti dal fondo non compromettono ulteriormente la visibilità.
  2. miglioriamo lo scambio gassoso tra aria e acqua poiché la corrente della cascata tende ad aumentare il tempo di contatto trattenendo le bolle sott’acqua. Come mostrato in figura, le linee di flusso dell’aria (in rosso) sono in controcorrente con le linee di flusso dell’acqua che cade dalla cascata (in blu).

Comunque, il migliore metodo di ossigenazione in assoluto in termini di resa effettiva è l’iniettore venturi, un sistema che sfrutta la differenza di densità dei due fluidi, aria e acqua.

Facendo sempre riferimento alla dinamica dei fluidi, l’acqua è incomprimibile e quando viene spinta (da una pompa) attraverso un tubo con una strettoia, la velocità di scorrimento dell’acqua aumenta, poiché il flusso deve rimanere costante, pur attraversando una sezione più stretta.

schema di un “iniettore venturi”

 

 

 

Questo aumento della velocità, grazie alla considerevole differenza di densità tra i due fluidi (aria e acqua), esercita una forte azione di trascinamento dell’aria attraverso il tubo di pescaggio con un potentissimo effetto di miscelazione con l’acqua.

Il risultato è un potente flusso turbolento di acqua e micro bolle di aria che, se indirizzato in diagonale verso il fondo del laghetto, aumenta considerevolmente il tempo di contatto e quindi la solubilità dell’ossigeno in acqua.

Tuttavia, anche questo sistema ha il suo punto debole.

Rispetto ad un acquario, il laghetto è caratterizzato dalla presenza di un diverso tipo di detrito, tra cui foglie e detrito vegetale in genere.

Questo comporta il rischio di un intasamento della griglia di pescaggio della pompa e il calo di portata che ne consegue può ridurre o annullare l’effetto venturi.

Per queste ragioni, nel caso si decidesse di allestire un iniettore venturi, è fondamentale farsi consigliare bene dal proprio rivenditore di fiducia, sia per quel che riguarda la scelta della pompa più indicata, sia per la costruzione del tubo venturi vero e proprio, ma soprattutto riguardo al posizionamento corretto di questo sistema nel laghetto.

In definitiva, qualunque sistema di ossigenazione si decida di adottare, è buona norma verificarne regolarmente l’efficacia, con il test dell’ossigeno, ricordando sempre che la concentrazione ottenuta non è un valore assoluto, come invece accade per ammoniaca, nitriti e nitrati, ma va sempre rapportata alla temperatura dell’acqua al momento del test.

Ciò significa che, un valore di concentrazione di ossigeno disciolto che, da tabella, risulti ottimale a 25°C possa essere pericolosamente basso ad una temperatura di 12°C.

Come ho raccomandato in precedenza, nel caso aveste dei dubbi interpretativi in materia di misurazione dell’ossigeno disciolto, NON IMPROVVISATE, ma affidatevi alla competenza e alla professionalità del vostro rivenditore di fiducia.

 

Dott. Luca Ceredi

www.allevamentocarpekoi.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rivoluzione per la sanificazione del laghetto: come funziona l’ozonizzatore Blue koi 3

Finalmente, dopo parecchi mesi di test, prove e controprove, dopo aver investito tanto tempo e denaro in questo progetto, è arrivato il momento di presentarvi ufficialmente “Blue koi 3“.

Blue koi 3 è un sanificatore di fabbricazione italiana, studiato per il trattamento delle acque di laghetti ornamentali e  biopiscine.

Si tratta di una strumentazione assolutamente innovativa, che sfrutta un processo elettrolitico per produrre ozono dall’aria atmosferica, allo scopo di sanificare gli ecosistemi acquatici, alzando il potenziale redox dell’acqua.

 

L’ozono è un gas con formula chimica O3.

Questa molecola è caratterizzata da una elevata instabilità e una forte reattività, causata da quell’atomo di ossigeno “in più”, attaccato alla molecola di ossigeno O2.

L’Instabilità dell’Ozono e quindi la sua capacità di trasformarsi in ossigeno gli conferisce un’incredibile capacità ossidante che uccide i batteri attaccando la struttura molecolare delle loro membrane protettive e alterandone gli enzimi interni.

Inoltre, è estremamente efficace anche su virus, funghi, muffe, alghe unicellulari, pesticidi, metalli pesanti, ammoniaca, nitrati, nitriti e altre sostanze potenzialmente dannose. Inoltre, veicola ossigeno ed esplica numerose altre funzioni biologiche.

Come ho accennato qualche riga sopra, il Blue koi 3 agisce aumentando il potenziale redox del laghetto grazie all’ozono prodotto.

In parole semplici, questo parametro, strettamente correlato alla disponibilità di ossigeno, quindi al grado di aerazione della colonna d’acqua, rappresenta una misurazione (espressa in millivolts mV) dello stato di salute di un ecosistema.

Qualunque ecosistema acquatico sano ha un potenziale redox alto (a partire dai 250 mV), che equivale ad una buona capacità di decomporre efficacemente la materia organica, mantenendosi in un elevato stato di qualità ambientale, con un effetto benefico diretto sulla salute di tutti gli organismi acquatici.

La funzione di Blue koi 3 è quella di sanificare il laghetto, rendendo l’intero ecosistema più sano e più stabile attraverso il mantenimento di un elevato potenziale redox dell’acqua.

Ciò si traduce in un beneficio concreto su tutta la colonna d’acqua, in particolare nella zona bentonica dove l’aumento della concentrazione di ossigeno ha effetti benefici diretti sull’attività metabolica dei batteri decompositori e di tutti i macro organismi ( lumache, larve di insetti, ecc. ) che colonizzano la zona del fondale.

Un’altra importante funzione biologica svolta dall’ozono in acqua è la frammentazione delle sostanze proteiche in decomposizione, caratterizzate da strutture molecolari molto lunghe e difficilmente decomponibili dai filtri biologici.

In questa maniera, i frammenti molecolari prodotti, sono facilmente metabolizzabili dai batteri depuranti.

Anche i composti che producono la colorazione giallastra vengono distrutti e l’acqua rimane cristallina.

L’ozono migliora la filtrazione biologica e l’eliminazione dei solidi sospesi, oltre a ridurre drasticamente la domanda biologica di ossigeno (BOD).

Il sanificatore Blue koi 3 può essere collegato ad una sonda computerizzata che ne controlla il funzionamento, in modo da mantenere costantemente alto il valore del potenziale redox.

E’ importante comprendere e ricordare che questo strumento svolge un ruolo di SANIFICATORE e non di sterilizzatore, cioè la sua funzione è quella di rendere sano un ecosistema acquatico e mantenerlo tale, non di sterilizzarlo!

Koi-fish Luca Ceredi Koi Farm

Le koi che vivono in un laghetto con un potenziale redox elevato e costante presentano una pelle molto lucente e i colori risultano più vivi e nitidi poiché lo strato di muco protettivo è più sottile e più sano.

I pesci che vivono in un laghetto  costantemente sano possono utilizzare la maggior parte delle energie ottenute dal cibo per la crescita corporea, per mantenere in perfetta efficienza il  sistema immunitario e per le normali attività biologiche e fisiologiche.

 

Dott. Luca Ceredi

www.allevamentocarpekoi.it

 

 

 

 

Com’è fatto e come funziona il filtro a letto fluido.

Nati da un progetto italiano e assemblati con metodo artigianale dall’azienda italiana Seaplast, questi innovativi filtri  a letto fluido si presentano come strutture  autoportanti costruite in tecnopolimero estremamente resistente alle intemperie e all’irradiazione solare.

Simili solo esternamente ai tradizionali filtri a camere, sono dotati di uno scompartimento iniziale che può contenere uno sterilizzatore uvc ad immersione, un secondo vano dedicato alla filtrazione meccanica tramite spazzole per poi arrivare alle camere che ospitano i carriers del letto fluido.

Ciascuna camera è dotata di valvola valterra da 50 mm di diametro per lo scarico dei fanghi.

Le apposite griglie di materiale plastico, con fori 12×12 mm, poste sul fondo di ciascuna camera consentono una perfetta circolazione dell’acqua, mantenendo in sede le spazzole della parte meccanica e i carriers della parte biologica.

A differenza dei tradizionali filtri con camere in serie, questi moderni impianti sono strutturati in modo tale che il flusso dell’acqua attraversi le camere del letto fluido “in parallelo”.

Questo consente di dividere equamente la portata d’acqua in entrata, riducendo sensibilmente la velocità del flusso in ciascuna camera.

Così facendo, il tempo di contatto tra l’acqua e le colonie batteriche adese ai carriers aumenta sensibilmente.
Inoltre, il movimento convettivo dei maccheroncini, mantenuto costante da una moderata aerazione, favorisce un trattamento omogeneo del flusso di acqua che attraversa ciascuna camera.

La particolare struttura delle camere biologiche è stata studiata e realizzata in modo da trattenere le proteine delle sostanze organiche in decomposizione, che si accumulano in superficie sotto forma di una schiuma densa che può venire rimossa manualmente.

Trattandosi di un “letto fluido” viene categoricamente scongiurato il rischio della formazione di percorsi preferenziali del flusso di acqua, tipici dei “letti statici”.

Le bolle d’aria dell’impianto di aerazione hanno un blando effetto abrasivo sul Carrier biologico tale per cui, la parte vecchia delle colonie batteriche viene continuamente rimossa favorendo un rinnovamento costante del biofilm.

A sua volta, il biofilm appesantisce i carriers quel tanto che basta per renderli quasi neutri in acqua, rendendo ancora più efficace il moto convettivo provocato dall’aerazione.

Le camere biologiche disposte in parallelo rispetto al flusso e l’aerazione in controcorrente alla direzione di scorrimento dell’acqua, ottimizzano il tempo di contatto tra i carriers e il flusso idrico che li attraversa.

Questo consente ai “batteri buoni” di avere tutto il tempo necessario per svolgere la loro azione depurativa sulle molecole d’acqua, completando la parte aerobica del ciclo dell’azoto (ammoniaca-nitrito-nitrato).

Oltre a mantenere in costane movimento i carriers, l’aerazione in controcorrente, presente in questo tipo di filtro, arricchisce l’acqua di ossigeno, aumentandone il potenziale redox.

In parole semplici, questo parametro, strettamente correlato alla disponibilità di ossigeno, quindi al grado di aerazione della colonna d’acqua, rappresenta una misurazione (espressa in millivolts mV) dello stato di salute di un ecosistema.

Un laghetto sano ha un potenziale redox alto (a partire dai 250 mV), che equivale ad una buona capacità di decomporre efficacemente la materia organica, mantenendosi in un elevato stato di qualità ambientale, con un effetto benefico diretto sulla salute di tutti gli organismi acquatici.

Anche tutta la flora e la fauna bentonica, cioè tutto l’insieme dei micro organismi animali e vegetali che costituiscono e popolano il biofilm sulle superfici sommerse, beneficiano di tale condizione, proliferando in maniera ottimale.

Questo tipo di filtro biologico, opportunamente calibrato al volume d’acqua da trattare e correttamente riempito con i giusti carriers, riesce a mantenere il laghetto in condizioni biochimiche costantemente eccellenti, con effetti benefici diretti sulla salute dei pesci nel breve e lungo periodo.

Focus on: come funzionano i batteri depuranti in compresse

Sviluppati grazie all’intensa attività di ricerca, effettuata negli attrezzati laboratori interni e alla collaborazione con i più validi istituti sperimentali, i batteri depuranti micropan aquacombi di EUROVIX, hanno superato brillantemente le prove a cui li ho sottoposti nell’arco temporale di circa tre anni, soddisfacendo a pieno le mie esigenze e aspettative.
BIOTECNOLOGIE PER LA VITA è il “motto” che accompagna il marchio EUROVIX ed esprime, attraverso la forza delle parole, il concetto base della filosofia di quest’azienda.
Infatti, per la formulazione di questi prodotti, vengono impiegati solo ed esclusivamente principi attivi di origine naturale, che non contengono Organismi Geneticamente Modificati e contribuiscono al ristabilirsi di processi ed equilibri biochimici fondamentali per la salute degli ecosistemi acquatici.
Micropan Aquacombi è un bioattivatore di ultima generazione, specifico per i sedimenti, composto da microrganismi aerobi e anaerobi facoltativi, in grado di lavorare direttamente nel sedimento, sia in condizioni di anossia che in presenza di ossigeno.
La sua formulazione in compresse lo rende estremamente facile da somministrare.
Micropan Aquacombi, a contatto col sedimento, crea una zona stabilizzata, adatta all’insediamento della biocenosi bentonica, cioe’ di tutta quella varietà di micro e macro organismi come batteri depuranti, aerobi e anaerobi facoltativi, piccoli gasteropodi (lumachine di varie specie), crostacei (ad esempio gammaridi e piccoli gamberetti), larve di insetti eccetera, che rendono il fondo dei nostri laghetti simile a quello di un ecosistema acquatico naturale.
Grazie alla sua speciale composizione, Micropan Aquacombi può essere utilizzato anche in acque correnti(laghetti con cambio in continuo) poiché colonizza la matrice solida e promuove i processi di riduzione dei nutrienti disciolti nella colonna d’acqua.
Queste azioni biochimiche si traducono visivamente in una progressiva riduzione dei fanghi del fondale e un miglioramento della qualità dell’acqua, anche da un punto di vista della trasparenza.
È importante ricordare che gli ecosistemi acquatici sono ambienti estremamente delicati e complessi, dove gli equilibri tra componente biotina e abiotica sono costantemente minacciati da fenomeni di inquinamento, sia acuti che cronici.
La tecnologia biologia è, attualmente, la soluzione più performante e con costi contenuti, in quanto utilizza bioattivatori costituiti da enzimi e batteri selezionati ( non OGM) in grado di ricostruire, promuovere e accelerare i processi naturali di autodepurazione propri degli ecosistemi acquatici.
Tale tecnologia può essere applicata, personalizzandola, ad ambienti di grandi dimensioni o in piccoli bacini, in acqua corrente o stagnante, dolce o salata, con identiche possibilità di successo e senza nessun pericolo per le comunità vegetali e animali presenti.