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Guida alla gestione consapevole del periodo di letargo delle koi

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il freddo dei mesi invernali, caratteristico delle nostre latitudini a clima temperato, consente alle koi di poter effettuare un salutare periodo di “letargo”. Questo “stand by metabolico”, se affrontato e gestito correttamente, assicura un ritmo di crescita dei pesci “secondo natura”, promuovendo la proverbiale longevità e robustezza delle nostre koi.

Questo articolo è indirizzato ai koi keepers responsabili che desiderino imparare a gestire in maniera consapevolmente il proprio laghetto, evitando di affidarsi al caso o, peggio, a “chiacchiere da bar”!

Tale modalità gestionale richiede la comprensione di alcuni concetti base di fisiologia e di biochimica che, spiegati in modo semplice e chiaro, sono alla portata di chiunque. Occorre conoscere con precisione anche la sequenza cronologica stagionale delle operazioni da svolgere dato che si tratta di un ciclo continuo che si ripete ogni anno.

Per schematizzare iniziamo dalla primavera. Questa è la stagione più delicata in assoluto per le koi. Il lungo digiuno invernale è ormai terminato e l’aumento del fotoperiodo, prima ancora dell’innalzamento delle temperature, segnala alle koi che il periodo della riproduzione si sta avvicinando.

Karashigoi-Luca-Ceredi-Koi-Farm

Karashigoi-Luca-Ceredi-Koi-Farm

L’attività riproduttiva implica un notevole dispendio energetico quindi è necessario aver impostato un piano nutrizionale corretto.

Ad esempio, un ottimo alimento che io utilizzo per rimettere in moto l’apparato digerente delle koi è “l‘Hikari weath germ“.

Questo mangime, alternato quotidianamente al “ricostituente affondante” e “all’immunostimolante“, rappresenta una eccellente dieta primaverile.

Il graduale innalzamento termico mette in moto anche tutti i patogeni, quindi occorre spingere sull’acceleratore del sistema immunitario delle koi.

Trascorse circa tre settimane dalla prima somministrazione di cibo, possiamo arricchire la dieta dei nostri pesci aggiungendo il “koi cure“, un mangime studiato appositamente per lavorare sul sistema immunitario e per essere altamente digeribile anche a temperature ancora relativamente basse.

La frequenza, la quantità per singola somministrazione e le percentuali di ciascuna referenza sul totale vanno calibrate in relazione alla specifica zona climatica, all’inerzia termica del laghetto (a sua volta legata alla capacità e al profilo batimetrico) e alla biomassa di pesci rapportata al volume d’acqua, tanto per citare alcuni dei più importanti fattori di cui occorre tener conto.

Se davvero avete a cuore la salute delle vostre koi, affidatevi esclusivamente a rivenditori competenti che sappiano aiutarvi, con la loro professionalità, a valutare tutti questi aspetti della vostra specifica realtà.

Tutto il periodo estivo rappresenta il momento migliore per preparare le koi all’inverno.

L’attività metabolica delle carpe è al massimo e l’appetito pure!

Dobbiamo approfittarne, affinché i pesci possano immagazzinare le riserve energetiche necessarie ad arrivare a fine inverno in buona forma.

Il mangime “top class koi” alternato al “Saki hikari balance” e al mangime con spirulina, rappresenta un valido aiuto per soddisfare il complesso fabbisogno nutrizionale delle koi.

Una dieta varia e di qualità è il presupposto senza il quale diventa impossibile mantenere i nostri pesci in buona salute sul lungo periodo.

Troppo spesso mi accorgo di quanto sia sottovalutato questo aspetto del koi keeping.

I pesci vengono alimentati con un solo tipo di cibo dalla primavera all’autunno, nella assurda convinzione che “quel mangime” possa contenere TUTTO ciò di cui le carpe hanno bisogno.

Questa concezione utopistica porta all’inevitabile disastro.

Con queste premesse, dovrebbe essere chiaro che la preparazione all’inverno inizia a partire dalla primavera e non all’arrivo delle prime brinate.

Trattandosi di pesci che popolano le acque dolci temperate, le carpe possiedono degli specifici meccanismi di adattamento fisiologico per riuscire a regolare la loro attività metabolica in relazione alle notevoli variazioni climatiche stagionali.

Tutto ciò richiede tempo.

Quando arrivano i primi freddi ormai i giochi sono fatti.
Prima che la temperatura dell’acqua scenda sotto gli 8 gradi centigradi, è buona norma interrompere la somministrazione di cibo.

In questa fase dell’anno, occorre fare attenzione ai cambiamenti fisico-chimici dell’acqua.
Il carico organico si riduce notevolmente dato che i pesci non si alimentano più, quindi possiamo dilatare l’intervallo di somministrazione dei “batteri depuranti“.
Le piogge abbondanti e frequenti e le nevicate diluiscono notevolmente la concentrazione dei sali carbonati.

Com’è noto, la famiglia dei carbonati costituisce un’importante risorsa di sali minerali biodisponibili, costantemente utilizzati dagli organismi acquatici per le loro funzioni vitali.

Inoltre, la durezza carbonatica, cioè il KH (misura della concentrazione dei sali carbonati disciolti in acqua) è chiamata anche durezza tampone poiché svolge il ruolo di stabilizzatore del valore di pH.

La diluizione del KH può ridurre drasticamente la capacità tampone di questi sali con conseguenti sbalzi di pH, spesso letali per le koi.

Si può facilmente evitare tutto ciò testando regolarmente il valore di KH e aggiungendo i sali minerali KH+.

Questa speciale miscela di sali, oltre a stabilizzare il pH, si deposita nel biofilm delle superfici sommerse, simulando un fondo naturale, ricco di microorganismi e minerali utili.

Un ulteriore accorgimento a tutela della salute delle nostre amate koi, è quello di aggiungere un buon “biocondizionatore” all’acqua del laghetto durante e dopo le abbondanti precipitazioni. Soprattutto per coloro che abitano nelle grandi città, le acque di prima pioggia rappresentano un fattore di rischio a causa delle particelle inquinanti che queste raccolgono col dilavamento atmosferico.
Il biocondizionatore protegge le mucose dei pesci (pelle e branchie) legando queste particelle e rendendole innocue.

La pelle dei pesci è ricoperta da un sottile strato di muco che li rende viscidi al tatto e protetti dagli agenti patogeni.
La funzionalità delle lamelle branchiali è di vitale importanza per le koi poiché esse rappresentano un importante organo di scambio tra il corpo del pesce e l’ambiente acquatico.

Oltre alla protezione delle mucose, il regolare utilizzo di un biocondizionatore ricco di vitamina C stabilizzata, riduce notevolmente il rischio di stress nei pesci.

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Effetti diretti e indiretti delle basse temperature sulla fisiologia e sul metabolismo delle koi.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]La più elementare classificazione degli animali, in relazione alla temperatura, si basa sulla provenienza del calore corporeo.
Gli ENDODERMI lo generano in proprio, mentre gli ECTOTERMI risultano quasi totalmente dipendenti dall’ambiente che li circonda.
Gli endotermi, cioè tutti gli uccelli e i mammiferi insieme ad alcuni vertebrati inferiori e a qualche insetto, mantengono la loro temperatura corporea ben al di sopra di quella ambientale.
Sebbene la maggior parte di questi animali abbiano un buon isolamento fornito da pellicce o da piume, essi mantengono il proprio calore con un notevole dispendio metabolico.
L’attività metabolica di un endotermo a riposo risulta almeno cinque volte più elevata di quella di un ectotermo pari taglia.
Gli ectotermi (ad esempio le koi) mostrano dei tassi di produzione di calore metabolico molto bassi associati ad una elevata conduttanza dermica, cioè possiedono uno scarso isolamento.

Di conseguenza, il calore derivante dai processi metabolici viene rapidamente dissipato nell’ambiente.
D’altra parte, l’elevata conduttanza termica consente agli ectotermi di assumere rapidamente il calore dall’ambiente cosicché la temperatura corporea di questi animali si accorda passivamente con quella ambientale.
Quindi, l’attività metabolica della maggior parte degli ectotermi, carpe comprese, è condizionata da una temperatura corporea variabile, diventando due o tre volte più elevata per ogni aumento di 10 gradi della temperatura ambientale.
Le carpe Cyprinus carpio sono teleostei (pesci ossei) che abitano le acque temperate di quasi tutto il pianeta.

Questi ambienti, per loro natura, sono soggetti ad importanti escursioni termiche stagionali.
I pesci che le popolano, carpe comprese, possiedono dei sistemi enzimatici con un intervallo ottimale di temperatura notevolmente ampio che consente loro di vivere senza alcun problema durante tutte le stagioni.
Al contrario, i pesci tropicali possiedono solo alcuni tipi di enzimi che funzionano in un intervallo di temperatura molto ristretto.

Le oscillazioni termiche naturali, tipiche degli ambienti temperati, inducono nelle carpe delle modificazioni compensatorie fisiologiche che le aiutano a far fronte alle condizioni estreme di caldo e di freddo.
Le koi che vivono in laghetti degni di tale nome (con una capacità ed una profondità adatte ad ospitare questi pesci) durante le settimane autunnali, mettono in atto numerosi adattamenti biochimici compensatori per poter affrontare il freddo invernale.
L’insieme dei cambiamenti fisiologici che intervengono in questo tipo di adattamento è detto ACCLIMATAZIONE.
Affinché tutto ciò possa avvenire con successo, è fondamentale che le koi siano state alimentate correttamente durante il lungo periodo di attività metabolica, che va dall’inizio della primavera al tardo autunno.[/vc_column_text][vc_video link=”https://youtu.be/EtKPPMiZiS4″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]In questo articolo, non mi dilungherò sulle caratteristiche di una dieta corretta e bilanciata per le koi: il vostro rivenditore di fiducia avrà sicuramente la competenza necessaria per consigliarvi al meglio.
Fatte le dovute premesse, vediamo come gestire le koi in inverno.Prima di tutto, ci tengo a chiarire una cosa:
Sono ormai parecchi anni che allevo koi e cerco di produrre esemplari sempre più belli, facendo comunque molta attenzione al fatto che, la qualità del fenotipo cresca di pari passo ad un elevato standard genotipico.
In altre parole, il mio obiettivo è quello di fare nascere koi belle e robuste, in grado di incarnare quell’ideale di bellezza, forza e resistenza alle avversità proprie della tradizione orientale dalla quale derivano e che, a mio avviso, i giapponesi stessi stanno perdendo, dando la priorità al business.
Allevare delicatissimi soprammobili non rientra tra i miei obiettivi.
Le mie koi nascono, crescono, vivono e si riproducono sempre e solo all’esterno.

 

[/vc_column_text][vc_video link=”https://youtu.be/ywRe9RtDHII”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]La koi Farm è situata in una valle dove, in inverno, le temperature scendono abbondantemente al di sotto dello zero e la superficie dei laghi e delle vasche ghiaccia, sempre.
Ogni inverno, si forma uno spesso strato di ghiaccio tanto che io, che peso 85 kg, riesco a camminarci sopra.
Prima di poter essere vendute, le tosai trascorrono il loro primo inverno sotto il ghiaccio in letargo, senza mangiare per quasi 4 mesi, cosicché, ad Aprile, ho la certezza di poter offrire pesci sani e robusti, oltre che belli!
Durante l’inverno, il ghiaccio ricopre circa il 90% della superficie dell’acqua, ma questo non crea alcun problema alle koi per i seguenti motivi:

  • sia i laghi che le vasche hanno una profondità sufficiente ad evitare di surgelare i pesci
  • Il flusso delle pompe che pescano acqua dal fondo viene ridotto per favorire il mantenimento del termoclino, cioè un gradiente termico tra superficie e fondo, che si inverte tra estate e inverno.
  • Il flusso d’acqua della pompa degli skimmer ( che pesca acqua solo dalla superficie ) viene mantenuto costante per garantire un buon ricircolo superficiale in modo da mantenere sempre delle aree libere dal ghiaccio. Infatti, l’acqua che possiede energia cinetica, congela ad una temperatura più bassa rispetto a quella ferma.
  • Le basse temperature favoriscono la solubilità e la permanenza dell’ossigeno in acqua, consentendo una soglia di saturazione molto elevata. ( Legge di Boyle, legge di Henry, legge di Dalton, principio di Pascal )
  • Le koi possiedono, per natura, tutti gli strumenti, i meccanismi e gli adattamenti fisiologici necessari per fare fronte alle variazioni termiche stagionali, tipiche delle zone temperate.
  • rispettare i ritmi naturali di crescita, scanditi dall’alternarsi delle stagioni, è di vitale importanza per i pesci che popolano gli ambienti temperati.
  • un periodo di almeno 8/12 settimane di “letargo” fovorisce alcuni processi metabolici di fondamentale importanza ( consumo di riserve lipidiche, cicli ormonali ecc.) per un naturale sviluppo fisico e fisiologico delle koi.
  • Carpe nate e cresciute all’aperto, durante tutte le stagioni, risultano inequivocabilmente più forti e robuste rispetto a quelle che, sin dal primo anno di vita, trascorrono l’inveno in serra.

Purtroppo, mi capita spesso di sentire opinioni in materia di “gestione koi” che assomigliano più a chiacchiere da bar o a deliri folli piuttosto che a consigli e raccomandazioni fondate su basi scientifiche concrete.

Tuttavia, in certe situazioni, può essere rischioso lasciare che le koi possano andare in letargo.

Si tratta di casi molto particolari e specifici, ad esempio di koi in convalescenza o che, per varie ragioni, sono state male nutrite o denutrite, ma anche, purtroppo, di carpe allevate come “delicati soprammobili” che, per quanto belle possano essere, a mio modesto parere hanno perso totalmente il fascino originale del sapiente mix tra forza, bellezza ed eleganza.

Rimanendo sempre nell’ambito dei pareri personali, ritengo che la bellezza di una koi non sia circoscritta unicamente al suo aspetto, quindi al suo fenotipo, quanto piuttosto comprenda anche il suo comportamento, inclusa la capacità di fare bella mostra di se in un laghetto inteso come ecosistema acquatico, durante tutte le stagioni, senza costringere il proprietario a vivere con l’ansia che possa succedere una tragedia causa di una rana, una libellula o il ghiaccio (tanto per menzionare alcune tra le paturnie più diffuse)!!!

La mia formazione scientifica mi porta a progettare, costruire e gestire un laghetto come un piccolo ecosistema acquatico, semplicemente “copiando” i processi biochimici messi a punto dalla natura.

Per questo, non riesco proprio ad apprezzare quelle vasche coibentate come se fossimo alle Svalbard ( arcipelago del mare glaciale artico ) e gestite come un idromassaggio, con l’impiego ( io direi “lo spreco”! ) di una grande quantità di energia elettrica e dove, per poter osservare le koi, bisogna spegnere pompe e aeratori.

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Come gestire correttamente le alghe filamentose

Le mosse vincenti nella lotta contro le alghe filamentose!
La comparsa delle temute alghe filamentose, specialmente durante il periodo primaverile, è certamente uno dei problemi più ricorrenti che preoccupa i possessori di un laghetto.

Infatti, la fioritura, talvolta massiccia di questo tipo di alghe, può compromettere seriamente la salute ed il buon funzionamento dell’intero ecosistema acquatico interessato.

In questo breve articolo saranno prese in esame alcune delle cause più frequenti della comparsa delle alghe filamentose oltre, naturalmente, alle azioni da compiere per poter vincere questa complessa lotta.
-L’aumento del fotoperiodo che caratterizza i mesi primaverili, rappresenta quasi sempre il fattore che innesca la fioritura (crescita esponenziale) delle alghe filamentose.
-L’elevato grado di limpidezza delle acque della maggior parte dei nostri laghetti, consente ai raggi solari di penetrare in profondità nella colonna d’acqua, favorendo la crescita delle alghe filamentose lungo tutto il profilo batimetrico.
-La presenza nel laghetto di piante acquatiche, messe a dimora in vasi ricchi di fertilizzanti organici, aumenta sensibilmente la concentrazione dei sali di azoto e fosforo, rispettivamente NO3 e PO4, che rappresentano la principale fonte di nutrimento per le alghe.
-L’impiego di mangimi di bassa qualità, poco nutrienti per le Koi e molto inquinanti, apportano un ulteriore carico organico all’acqua del laghetto.
-Le piogge abbondanti e frequenti, tipiche del periodo primaverile, diluiscono pericolosamente la concentrazione dei sali carbonati, rendendo instabile il valore di pH e consentendo un rapido sviluppo delle alghe filamentose.
-L’impiego di acqua proveniente da pozzi superficiali che quindi captano acque di origine meteorica, comporta il rischio di un aumento considerevole del valore di PO4 ed NO3 poiché la pioggia, prima di riempire il pozzo, spesso attraversa campi coltivati, dilavando i fertilizzanti utilizzati dagli agricoltori.

-La presenza di una quantità di pesci eccessiva, in rapporto alla potenza biologica dell’impianto di filtraggio rende impossibile ottenere un buon equilibrio tra i fattori biotici e abiotici dell’ecosistema. Questa instabilità cronica favorisce lo sviluppo di alghe filamentose.
Vediamo adesso come poter ovviare a questi inconvenienti: per vincere la battaglia contro le alghe filamentose è molto importante avere chiaro in mente quali siano le azioni utili e quali quelle controproducenti.

L’obbiettivo da raggiungere è l’EQUILIBRIO!!!
Se si vuole ottenere un equilibrio stabile, efficace e duraturo, la strada migliore è copiare da ciò che avviene in natura.

L’utilizzo di alghicidi ad azione chimico/fisica è da evitare categoricamente: non dimentichiamoci che sono dei veleni e come tali, hanno degli effetti collaterali pesantissimi sulla salute dei pesci, delle piante acquatiche e del laghetto nel suo insieme.

Queste sostanze uccidono rapidamente tutte le alghe presenti in vasca, dando origine, nell’arco di qualche giorno, ad una grande massa di alghe morte in decomposizione.

Come è intuitivo, questa grande quantità di alghe in decomposizione non sparisce nel nulla come per magia, ma sottopone il filtro biologico ad un carico di lavoro extra che non è in grado di svolgere.

Il risultato si traduce in un drastico peggioramento della qualità dell’acqua che ha come logica conseguenza, una fioritura algale peggiore della prima.

Naturalmente, questo è un quadro semplificativo che, ad esempio, non tiene conto degli effetti collaterali sui pesci e sulla componente biologiaca del filtro.
Anche gli interventi drastici come lo svuotamento del laghetto e la pulizia con l’idropulitrice sono azioni da evitare categoricamente!

Questo tipo di operazione, soprattutto se svolta nel periodo primaverile, sottopone i pesci ad uno stress che potrebbe rivelarsi letale.

Inoltre, lo svuotamento totale e la pulizia profonda riportano il laghetto ad uno stato di totale immaturità biologica, lavorando nella direzione diametralmente opposta a quella nella quale bisognerebbe andare per vincere la battaglia contro le alghe filamentose.
Ricordiamoci che dobbiamo portare il laghetto verso uno stato di equilibrio biochimico in cui saranno i batteri depuranti a gestire la situazione.

La parola d’ordine è EQUILIBRIO!!!!
In relazione a studi scientifici, si è potuto constatare che, un filtro biologico ben allestito e correttamente gestito (senza iterventi di pulizia drastici o troppo frequenti) raggiunge la sua piena maturazione in circa 6/8 MESI!!!

Se consideriamo il laghetto nel suo insieme come un vero e proprio ecosistema, ogni centimetro quadrato della sua superficie sommersa si comporta, a tutti gli effetti, come un’espansione del filtro biologico, dove i batteri depuranti si insediano, prolificano e svolgono la loro importante azione metabolica.
Detto questo, è facilmente intuibile l’entità del danno che deriva da uno svuotamento totale del laghetto.
Anche il trattamento col sale, finalizzato ad eliminare le alghe filamentose, è un procedimento da evitare benché, pur essendo privo di effetti collaterali sulla salute dei pesci e dei batteri depuranti, uccide rapidamente una grande massa di alghe filamentose, sovraccaricando pericolosamente il filtro biologico.
L’approccio corretto al problema della alghe filamentose si basa su una serie di azioni in sequenza logica, partendo ovviamente da un’attenta analisi delle cause del problema.

Una volta individuate le cause, bisogna assolutamente eliminarle, altrimenti sarà impossibile ottenere risultati sul lungo periodo.

Ad esempio, se risulta che le piante del laghetto siano state messe a dimora in vasi ricchi di fertilizzanti organici è necessario provvedere ad un rinvaso utilizzando gli appositi vasi per piante acquatiche, riempiti con un substrato neutro.

In questo modo le piante acquatiche, non trovando nutrienti nel substrato, propagano le loro radici capillari attraverso i fori del vaso per assorbire i nutrienti direttamente dall’acqua, contribuendo alla lotta contro le alghe grazie alla loro azione fitodepurativa.


Se invece si sta utilizzando un mangime di scarsa qualità è bene provvedere alla sua sostituzione con un cibo più adatto anche perché, molto spesso, la differenza di prezzo è di gran lunga inferiore al divario qualitativo.
Supponiamo ora di avere individuato ed eliminato le cause della fioritura algale.

Vediamo quindi come possiamo riportare alla normalità un laghetto infestato dalle alghe filamentose.
Armiamoci di pazienza e di un rastrello per olive!!!


La pazienza ci servirà perché se vogliamo dei risultati concreti e duraturi sarà necessario del tempo, mentre il rastrello per olive ci servirà per effettuare una eliminazione manuale della maggior parte delle alghe filamentose, senza correre il rischio di forare il telo del laghetto o di ferire i pesci.


Effettuata questa operazione, sarà opportuno pulire il filtro meccanico perché nel frattempo si sarà riempito con i frammenti di alghe che potrebbero essersi staccati.

Ora, se l’impianto di sterilizzazione uvc è stato ben calibrato in rapporto alla specifica realtà del laghetto in questione, non sarà un problema applicare un timer che spenga l’uvc alle 20:00 e lo riaccenda alle 06:00.
A questo punto entrano in scena le due armi principali nella lotta alle alghe filamentose:
– i nostri batteri depuranti

– la miscela di sali minerali KH+

Per circa 25/30 giorni, dovremmo somministrare QUOTIDIANAMENTE, una certa quantità di sali minerali KH+ ed una piccola dose di batteri depuranti.

Le specifiche quantità di queste due sostanze andranno determinate di volta in volta, in relazione a:
-capacità del laghetto

-valore di KH

-grado di infestazione delle alghe filamentose
Siccome i batteri depuranti sono fotosensibili, è buona norma somministrarli all’imbrunire, ed è per questo che si rende necessaria la timerizzazione dell’uvc.

Per quanto riguarda i sali minerali KH +, non trattandosi di un prodotto fotosensibile, possono essere somministrati in qualunque orario.

È comunque buona norma mantenere una certa regolarità quindi, consiglio di somministrare entrambi i prodotti contemporaneamente, dopo il tramonto.
Considerato che ciascun laghetto è una realtà unica, con le proprie caratteristiche ed i propri equilibri, non è possibile standardizzare le tempistiche di reazione positiva a questo trattamento, ma ho potuto constatare come i primi effetti si manifestino tra il decimo e il quindicesimo giorno dall’inizio della somministrazione di batteri e sali minerali.


Il primo effetto evidente di un trend migliorativo è il cambio di colore delle alghe filamentose che, da verde brillante che erano, virano progressivamente al marrone ruggine, perdendo anche la loro consistenza iniziale fino a diventare estremamente fragili al tatto.

Si tratta di un processo graduale, che richiede alcune settimane e, proprio per questo, non sovraccarica il filtro biologico ma crea nuovi e più stabili equilibri biochimici, grazie ai quali, non ci saranno più fioriture di alghe filamentose.
Ottenuto il risultato desiderato, sarà sufficiente una somministrazione settimanale di sali minerali e batteri, per mantenere il laghetto in condizioni ottimali.

Il laghetto da 270 mila litri della della Koi Farm è esposto al sole dalla mattina alla sera, poiché gli alberi che crescono attorno ad esso sono ancora troppi giovani per fare ombra, tuttavia, l’alga filamentosa più lunga che si possa trovare difficilmente supererà i 3cm di lunghezza.


Con questa combinazione di sali minerali e batteri è possibile ottenere e mantenere un corretto biofilm su tutte le superfici sommerse del laghetto.

Questo biofilm occupa un ruolo di primaria importanza nella depurazione del laghetto, funzionando come una enorme espansione del filtro biologico.