Come ossigenare l’acqua del laghetto

L’ossigeno disciolto è uno dei parametri fisico-chimici che più condiziona la vita negli ecosistemi acquatici, compresi i laghetti per koi.

Prima di occuparci dei differenti sistemi di ossigenazione del laghetto, è fondamentale comprendere bene il particolare comportamento dell’Ossigeno in acqua.

Trattandosi di un gas disciolto (e non di sali come nel caso dei Nitrati o dei Fosfati), la solubilità dell’ossigeno in acqua è regolata dalle leggi fisiche che riguardano la dinamica dei fluidi.

La legge di Boyle e quella di Henry, ma anche il principio di Pascal e la legge di Dalton sulle miscele di gas, chiamano in causa variabili come la temperatura e la pressione.

Anche il carico organico dell’acqua ha un’influenza importante sulla solubilità dell’ossigeno.

Ma andiamo con ordine, senza lasciarci impressionare dall’apparente complessità dell’argomento.

La dinamica dei fluidi tratta concetti e leggi che, se spiegate nella dovuta maniera, risultano alla portata di tutti.

 

L’aria che noi respiriamo è una miscela di gas costituita per il 78% da Azoto, che è un gas inerte.

L’anidride carbonica costituisce l’1% dell’intero volume, mentre l’ossigeno è presente per il 21%.

La legge di Dalton dice che:  “in una miscela di gas, come ad esempio l’aria atmosferica, la pressione totale è data dalla somma delle singole pressioni parziali dei gas che compongono la miscela”.

A livello del mare, la pressione dell’aria atmosferica è di una Atmosfera e questo valore è dato dalla somma della pressione parziale dell’Azoto, più la pressione parziale dell’Ossigeno, più quella dell’anidride carbonica.

Per semplificare al massimo l’argomento, faremo riferimento solo alla pressione parziale dell’Ossigeno, immaginandoci che l’aria atmosferica sia costituita unicamente da esso.

L’Ossigeno ha forma molecolare O2, cioè si dice che la molecola di questo gas è biatomica.

 

 

 

Per inciso, la molecola è la parte più piccola della materia che ne conserva tutte le caratteristiche fisico-chimiche.

Teniamo a mente queste precisazioni poiché torneranno utili per la comprensione di questo testo.

Adesso immaginiamo un stagno naturale, senza pompe, aeratori, cascate o altri sistemi di ossigenazione.

In che modo questo ecosistema può ossigenarsi?

Prendiamo come esempio una giornata di sole, senza vento e con una temperatura dell’aria di 20° C.

La legge di Henry dice che: “un gas (aria atmosferica) che preme sulla superficie di un liquido (acqua dello stagno) vi entra in soluzione finché non ha raggiunto all’interno del liquido la stessa pressione che vi esercita sopra”.

Quindi, il buon vecchio Henry ci dice che, già con la normale pressione di una atmosfera, l’ossigeno che preme sulla superficie dello stagno, entra in soluzione dentro l’acqua finché  non ha raggiunto all’interno del liquido la pressione di una atmosfera.

Questo processo di ossigenazione naturale avviene di continuo, notte e giorno, estate e inverno, col sole e con la pioggia,  su ogni centimetro quadrato di superficie dell’acqua.

Quando si progetta lo scavo di un laghetto, è importante prestare la dovuta attenzione al profilo batimetrico (cioè la sezione dei vari livelli di profondità) e al rapporto superficie/volume che ne consegue.

 

Nella figura qui sopra vediamo come il laghetto di sinistra abbia un profilo batimetrico con un rapporto superficie/volume più favorevole ai naturali scambi gassosi con l’atmosfera, rispetto al laghetto di destra dove questo rapporto è meno vantaggioso.

Anche il vento, la pressione atmosferica (bel tempo o brutto tempo), temperatura (estate o inverno), il carico organico (acqua pulita o inquinata), il consumo di ossigeno notturno da parte delle alghe e la pulizia della superficie aria/acqua tramite skimmer sono fattori che influenzano in maniera sostanziale gli effetti della legge di Henry.

Analizziamoli uno per uno.

Immaginiamo il solito stagno naturale, senza pompe, aeratori, cascate o altri sistemi di ossigenazione.

Il vento increspa la superficie dell’acqua, aumentando l’interfaccia aria/acqua in cui avviene lo scambio di ossigeno con l’atmosfera.

Se consideriamo la distanza AB come la superficie piatta di uno stagno (assenza di vento) e la distanza CD come la stessa superficie increspata dal vento, vediamo come la distanza CD risulti maggiore di AB.

Quindi il vento, increspando la superficie dell’acqua, aumenta l’area utile al naturale scambio di ossigeno con l’atmosfera.

Quando si sceglie il punto del giardino in cui effettuare lo scavo per il laghetto, è bene tenere conto dei venti prevalenti in quella determinata zona, così da orientarlo in maniera tale che il vento possa agire sul lato più lungo della superficie dell’acqua.

 Nella figura vediamo come i venti prevalenti, agendo sulla distanza A, possano increspare la superficie dell’acqua in maniera più efficace che se agissero sulla distanza B.

Sulla pressione atmosferica invece non possiamo intervenire in alcun modo ma occorre sapere che, durante il brutto tempo, la bassa pressione meteorologia esercita un’azione come di risucchio dell’ossigeno disciolto in acqua, facendo calare pericolosamente la sua concentrazione all’interno del laghetto.

Un corollario della legge di Boyle ci spiega come, anche le alte temperature estive riducano la concentrazione dell’ossigeno disciolto.

Senza entrare nel dettaglio, il buon vecchio Boyle ci insegna che la solubilità dell’ossigeno cala con l’aumento della temperatura.

Inoltre, d’estate le koi hanno molto appetito e il carico organico aumenta, facendo crescere il B.O.D. cioè la domanda biologica di ossigeno poiché i batteri decompositori ne richiedono moltissimo per poter compiere il loro lavoro.

Al termine di ogni giornata, quando il sole tramonta, tutti i vegetali acquatici, in particolare le alghe (presenti in qualunque laghetto) smettono di produrre ossigeno con la fotosintesi e iniziano a consumarlo, producendo anch’esse anidride carbonica (fotosintesi inversa).

Durante il periodo estivo, possono verificarsi situazioni critiche in cui, per una concomitanza di fattori, la concentrazione di ossigeno disciolto raggiunge valori pericolosamente bassi.

E’ il caso delle notti afose, in cui la situazione meteorologica peggiora rapidamente.

La bassa pressione, le alte temperature e la fotosintesi inversa dei vegetali acquatici si aggiungono al normale consumo di ossigeno da parte dei pesci e dei batteri depuranti.

In questa situazione, le carpe più grosse sono le prime a morire poiché hanno bisogno di più ossigeno rispetto agli esemplari di piccola taglia.

Anche la polvere, le foglie e ogni tipologia di detrito galleggiante sono da ostacolo agli scambi gassosi tra acqua e atmosfera e in mancanza di uno skimmer di superficie

Alla luce di queste premesse, vediamo come si può fare ad evitare disastri in un laghetto per koi.

L’evoluzione delle attrezzature filtranti ha portato allo sviluppo di apparecchiature particolarmente performanti, in grado di mantenere in perfette condizioni l’acqua del nostro laghetto.

Occorre prestare particolare attenzione alle tecniche di ossigenazione tenendo bene a mente che OGNI LAGHETTO, anche il più capiente, è SEMPRE in una condizione di sovrappopolazione, se paragonato ad un ambiente naturale di uguale volume.

Inoltre, l’impianto di ossigenazione (ma anche quello di filtraggio) dovrebbe essere tanto più performante e potente quanto più sono ridotte le dimensioni del laghetto.

La regola è: “laghetto piccolo, filtro enorme”.

Come ho dettagliatamente spiegato in uno dei miei precedenti articoli, per avere successo nell’allevamento  delle koi, è fondamentale riuscire a mantenere l’acqua in condizioni COSTANTEMENTE OTTIMALI.

Nel mio laghetto principale di circa 400mila litri, dove tengo tutti i riproduttori, l’impianto di filtraggio è costituito da un filtro a tamburo e un biologico a letto fluido, dove il movimento dei biocarriers (maccheroncini) è assicurato da due potenti aeratori a basso consumo.

biocarriers per filtro a letto fluido

Questi aeratori, oltre a muovere i biocarriers, arricchiscono l’acqua di ossigeno, con grandi vantaggi anche per i batteri depuranti aerobi.

La cascatella e i due ruscelli aiutano l’ossigenazione dell’acqua, mentre gli skimmer di superficie tengono costantemente pulita la superficie del laghetto raccogliendo ogni tipo di detrito galleggiante.

Anche l’ozonizzatore Blue Koi 3, posizionato all’inizio dell’impianto di filtraggio, oltre ad aumentare il potenziale redox dell’acqua, contribuisce in maniera  sostanziale all’ossigenazione del laghetto.

ozonizzatore Blue koi 3

La molecola di ozono “O3”, disciolta in acqua, si divide in un atomo di ossigeno attivo “O”che reagisce con la materia organica e in una molecola di ossigeno “O2” utilizzabile dagli organismi acquatici per la respirazione.

ozonizzatore Blue koi 3

Ho deciso di non mettere le pietre porose direttamente all’interno del mio lago, in quanto non amo vedere l’effetto innaturale delle bolle che salgono dal fondo.

All’interno delle camere del letto fluido, la resa dell’ossigenatore è maggiore rispetto ad un ipotetico diffusore posto sul fondo del laghetto poiché il flusso in controcorrente del filtro aumenta sensibilmente il tempo di contatto tra le bolle d’aria e la colonna d’acqua.

Un altro corollario della legge di Boyle mette in relazione diretta il tempo di contatto delle bolle d’aria con l’acqua che le circonda.

Un diffusore d’aria posto sul fondo del laghetto, libera delle bolle che compiono un percorso rettilineo, dal fondo alla superficie, in un tempo piuttosto breve, generalmente di pochi secondi.

Se invece, il medesimo diffusore d’aria fosse posto sul fondo di una camera di un filtro a letto fluido, le bolle incontrerebbero un flusso di acqua in senso contrario al loro tragitto verso la superficie.

Questo flusso in controcorrente, assieme alla presenza dei biocarriers in moto convettivo, trattiene sott’acqua le bolle per un tempo piuttosto lungo, aumentando il tempo di contatto tra i due fluidi (aria e acqua) e quindi la resa dell’ossigenatore.

diffusore d’aria microforato sul fondo di un filtro a letto fluido

In questo modo è anche possibile evitare lo sgradevole effetto delle bolle in vasca.

Invece, nelle mie vasche di allevamento, considerato il volume di soli 10 mila litri e l’elevato numero di koi presenti, ho preferito mantenere in vasca un paio di diffusori d’aria “di sicurezza” nel caso di blocco della pompa che comunque non si è mai verificato.

Naturalmente, anche nelle camere del biologico delle vasche di allevamento mantengo una consistente aerazione del materiale filtrante.

E’ intuitivo comprendere come i laghetti e le vasche di volume ridotto siano soggetti a notevoli escursioni termiche, potenzialmente pericolose per la vita dei pesci, soprattutto se si considera la temperatura che l’acqua può raggiungere durante il periodo estivo.

Eventualmente, per limitare i danni estetici delle bolle stile idromassaggio nel laghetto, consiglio sempre di posizionare le pietre porose dell’ossigenatore direttamente sotto la cascata (vedi figura qui sotto).

In questo modo otteniamo un vantaggio duplice:

  1. limitiamo il danno estetico e il disturbo visivo dovuto alle bolle. Nel punto dove c’è la cascata, l’acqua è già molto mossa quindi le bolle provenienti dal fondo non compromettono ulteriormente la visibilità.
  2. miglioriamo lo scambio gassoso tra aria e acqua poiché la corrente della cascata tende ad aumentare il tempo di contatto trattenendo le bolle sott’acqua. Come mostrato in figura, le linee di flusso dell’aria (in rosso) sono in controcorrente con le linee di flusso dell’acqua che cade dalla cascata (in blu).

Comunque, il migliore metodo di ossigenazione in assoluto in termini di resa effettiva è l’iniettore venturi, un sistema che sfrutta la differenza di densità dei due fluidi, aria e acqua.

Facendo sempre riferimento alla dinamica dei fluidi, l’acqua è incomprimibile e quando viene spinta (da una pompa) attraverso un tubo con una strettoia, la velocità di scorrimento dell’acqua aumenta, poiché il flusso deve rimanere costante, pur attraversando una sezione più stretta.

schema di un “iniettore venturi”

 

 

 

Questo aumento della velocità, grazie alla considerevole differenza di densità tra i due fluidi (aria e acqua), esercita una forte azione di trascinamento dell’aria attraverso il tubo di pescaggio con un potentissimo effetto di miscelazione con l’acqua.

Il risultato è un potente flusso turbolento di acqua e micro bolle di aria che, se indirizzato in diagonale verso il fondo del laghetto, aumenta considerevolmente il tempo di contatto e quindi la solubilità dell’ossigeno in acqua.

Tuttavia, anche questo sistema ha il suo punto debole.

Rispetto ad un acquario, il laghetto è caratterizzato dalla presenza di un diverso tipo di detrito, tra cui foglie e detrito vegetale in genere.

Questo comporta il rischio di un intasamento della griglia di pescaggio della pompa e il calo di portata che ne consegue può ridurre o annullare l’effetto venturi.

Per queste ragioni, nel caso si decidesse di allestire un iniettore venturi, è fondamentale farsi consigliare bene dal proprio rivenditore di fiducia, sia per quel che riguarda la scelta della pompa più indicata, sia per la costruzione del tubo venturi vero e proprio, ma soprattutto riguardo al posizionamento corretto di questo sistema nel laghetto.

In definitiva, qualunque sistema di ossigenazione si decida di adottare, è buona norma verificarne regolarmente l’efficacia, con il test dell’ossigeno, ricordando sempre che la concentrazione ottenuta non è un valore assoluto, come invece accade per ammoniaca, nitriti e nitrati, ma va sempre rapportata alla temperatura dell’acqua al momento del test.

Ciò significa che, un valore di concentrazione di ossigeno disciolto che, da tabella, risulti ottimale a 25°C possa essere pericolosamente basso ad una temperatura di 12°C.

Come ho raccomandato in precedenza, nel caso aveste dei dubbi interpretativi in materia di misurazione dell’ossigeno disciolto, NON IMPROVVISATE, ma affidatevi alla competenza e alla professionalità del vostro rivenditore di fiducia.

 

Dott. Luca Ceredi

www.allevamentocarpekoi.it